Sei mosse per cambiare

Un “atto generativo” che deve essere costruito insieme

Ancora una volta a parlare di cambiamento, direte. Siamo tutti stufi di sentire che esso è:

  • Inevitabile – le nostre cellule continuano a trasformarsi ogni giorno.
  • Faticoso – ci fa uscire dalla nostra zona di comfort, per entrare in una di stress, almeno inizialmente.
  • Una grande opportunità – nell’osare qualcosa di nuovo.

Pensare però al cambiamento come atto generativo, ne facilita la diffusione e consente alle persone di traghettarlo verso il futuro. Generare il cambiamento significa innanzitutto costruirlo insieme. La natura stessa nel suo “generare” attinge a più soggetti – non solo a noi esseri umani, ma anche ad animali e piante – attivando la response ability (abilità a rispondere) di ognuno. Questo permette di tenere nella comprensione del “senso”, i desideri, le passioni e la curiosità. Così il cambiamento diventa una dimensione collegiale, da maneggiare insieme agli altri attori in esso coinvolti. Dalla vitalità, dalle contraddizioni e dalle ambivalenze delle organizzazioni incontrate con i colleghi di Peoplerise, abbiamo appreso che il movimento di cambiamento ha senso se accompagnato dalle seguenti azioni:

  1. Ascoltare e valorizzare indizi, segnali, richieste improprie
  2. Assumere le richieste di riconoscimento proprie e altrui
  3. Costruire ipotesi che possano essere esplicitate e discusse, non date per scontate
  4. Da lì, far crescere dei riconoscimenti che accomunano
  5. Costruire tasselli di fiducia tra gli interlocutori che si incontrano e riconoscono sul campo
  6. Contenere la paura di raccogliere segnali disconfermanti

La ricerca di modi più pertinenti di capire ed entrare nel cambiamento equivale alla ricerca di una volontà politica, rivolta a costruire dei modi più congruenti di continuare a vivere, produrre e riorientare idee, pratiche, decisioni verso mete che non saranno definitive, ma un passaggio per ulteriori cime, spazi, assetti.

Ilaria Buccioni, Peoplerise