Spiegare i Changemaker Days di Ascoli anche a chi non c’era

Di Silvia Silvozzi

Ieri, all’uscita dalla scuola di mio figlio, un genitore conversando mi ha chiesto cosa fossero stati i “changemakers days”. Aveva avuto l’impressione che fossero qualcosa di importante. Ho provato una grande sorpresa che a 13 giorni da questo evento, così complesso da capire per i non addetti ai lavori, se ne potesse ancora parlare anche a Monsampolo, un paesino di collina lungo la Vallata del Tronto, a 20 km da Ascoli.

Per me, i Changemaker Days erano un altro esperimento innovativo di Bottega del Terzo Settore da costruire insieme ad un partner “like-minded”, ovvero con la nostra stessa sensibilità per l’innovazione e il cambiamento sociale, come  Ashoka, il network globale di imprenditori sociali nato negli Usa e presente in 90 Paesi. I Changemaker Days che hanno tinto di giallo Ascoli tra il 18 e il 22 settembre, erano un’opportunità da condividere con chi arriva da fuori per iniziare a mettere le mani quaggiù, in una zona geografica ai margini della riserva naturale dei Monti Sibillini, ai margini del terremoto, del fiume Tronto, confine della regione Marche con l’Abruzzo. Ma anche ai margini della storia dei regni d’Italia, della delocalizzazione delle imprese, del turismo di massa della riviera sambenedettese. Forse ai margini della contemporaneità…

Si è rivelato un evento capace di ricucire i margini, di far dialogare tra loro  le comunità e gli enti pubblici, le imprese e le organizzazioni del terzo settore, i giovani e la politica. Quelli del Nord, del Centro e del Sud, i centri e i “de-centri” per dirla con Federico Mento, quelli che viaggiano e quelli che restano (Riabitare l’Italia)

“Sì, era importante, è stato un grande evento…”, ho cominciato a rispondere a quel genitore mentre mi chiedevo come rendere la ricchezza dei Changemaker Days in poche parole.  Sono arrivati più di 100 esperti e imprenditori sociali da tutta Italia, ma c’erano pure 60 ragazzi delle nostre scuole ad interagire con le organizzazioni di terzo settore socie di Bottega. C‘erano ospiti dal mondo profit a proporre di costruire progetti di “senso e di senno” (cfr. Giovanni Teneggi) con il non profit  affinché le loro imprese potessero restituire piccoli pezzetti di benessere al territorio. Ed erano almeno 10 sindaci e funzionari dei Comuni intorno a Montalto delle Marche che, affidandosi alla facilitazione di Ashoka e Bottega, si sono raccontati le sfide legate allo spopolamento, ancora difficili da affrontare nonostante i finanziamenti del PNRR, e hanno immaginato nuove forme di sussidiarietà che possano andare anche oltre le istituzioni, basate sulla collaborazione.

E gli scenari? Bellissimi! I changemakers si sono mossi nel centro storico di Ascoli, si sono riuniti al teatro dei Filarmonici, hanno pranzato nelle ruette e ballato in piazza del Popolo, hanno lavorato insieme alla terrazza Belvedere di Montalto (nonostante la campana del Duomo che suonava ogni 15 minuti!) e, in una serata davvero suggestiva, hanno cenato con la comunità di Montalto in un ex convento.

Ecco, al ritorno dalla scuola, in macchina, ricontrollavo in silenzio che cosa avessi detto a quel papà, speravo proprio di avergli trasmesso il vero valore aggiunto, anche per lui e la sua famiglia: si è generata una nuova entità invisibile, una consapevolezza collettiva che gli spazi e i canali attraverso i quali si sono svolte fino ad oggi le nostre relazioni sociali probabilmente sono invecchiati, non servono più la comunità come in passato.

Averlo riconosciuto di fronte a tutti, significa che possiamo darci la possibilità di trovare nuove forme di comunicazione e collaborazione al passo con i tempi, possiamo tornare a parlare con quei sindaci, con quelle associazioni, con quegli insegnanti, con gli Ashoka Fellow, con quei politici, con quei ragazzi, quegli imprenditori per far accadere quello che desideriamo davvero che accada, trovando nuove strade in cui questa forza invisibile possa prendere forma nella nostra quotidianità.

“Ora sappiamo che non siamo soli. Sappiamo che possiamo tornare a parlarci per far accadere quello che desideriamo davvero che accada”

Ho tratto un grande incoraggiamento dalle parole di Matteo Spreafico, giovane changemaker fondatore di School Innovation Lab. “All’inizio, quasi con invidia, mi sono chiesto: ‘Perché nella mia città (Busto Arsizio, ndr) non c’è stato questo processo di attivazione dei giovani?’ Per quanto sia incredibile quello che è successo ad Ascoli Piceno ci possono essere condizioni per farlo in qualunque cittadina d’Italia; venire ad Ascoli è stato importante per imparare come replicarlo”.

Dentro alle forme ci potranno essere la co-programmazione di comunità con i giovani e le istituzioni, la co-creazione di programmi che mettono al centro il benessere delle persone tra le imprese più “mature” del Piceno (per esempio quelle rappresentate nel panel sulla Responsabilità Sociale d’Impresa da Confindustria, Confcommercio e CNA) e le consociate di Bottega, la co-determinazione di percorsi scolastici che guardano ai talenti e quindi al benessere di studenti ed insegnanti.

Credo che i Changemakers Days torneranno…ma soprattutto che dentro ciascuno di noi continueranno a dettare il tempo e a regalare determinazione tutti i giorni, fino alla prossima edizione! Ci sarete?